Chi risale la valle del Piave ed è diretto verso la Val Belluna, il primo massiccio dolomitico che vede comparire all’orizzonte è il Sass de Mura. Se la meta del viaggio non sono le Dolomiti più famose, il profilo del Sass de Mura con la doppia cima potrebbe spingere il viaggiatore appassionato ad “andar per monti” a proseguire il viaggio fino all’imbocco della Val Canzoi. Una volta raggiunto il paese di Soranzen, allora l’attenzione verrebbe catturata da alcuni panorami che potremmo definire “da cartolina”. Tra questi l’immagine dell’abitato rurale di Montagne, che domina da un poggio la valle e si staglia contro la grande parete del Sass de Mura, è la più nota.
Nonostante la Val Canzoi offra l’accesso più agevole e scenografico al Sass de Mura, l’esplorazione alpinistica del gruppo del Cimónega non avvenne da sud, ma da nord dal Primiero, oltre il confine del Regno d’Italia.
Tra i primi alpinisti feltrini ad arrivare da sud, lungo la Val Canzoi, e a seguire le vie dei pionieri dell’800 sulle crode del Cimónega, troviamo Antonio Sacchét. La storia di Antonio Sacchét che, come vedremo, possiamo considerare la prima guida alpina delle Alpi Feltrine, è un po’ incerta.
Antonio Sacchét nasce il 9 ottobre 1896 nella frazione di Case Sacchét a Cesio Maggiore, alle pendici del monte Palmàr. Da quelle parti le famiglie Sacchét sono numerose e quella di Antonio è detta dei Sachetoi e per questo tutti lo conoscono come Toni Sachetón. Il padre, Agapito (1859–1951) è un uomo furbo e con un certo agio economico, si dice ottenuto anche dalle disgrazie altrui. Toni invece è ricordato come una brava persona, uno di quelli che “se poteva farti un piacere non si tirava mai indietro”. Il padre, cacciatore di camosci, sembra conoscesse l’esistenza della cosiddetta via “dei veci” o dei “Primieroti” : una delle prime vie alpinistiche aperte sulla parete sud del Sass de Mura. Antonio apprende dal padre l’esistenza di quella via (forse in occasione di una battuta di caccia in Cimónega) e la ripete nei primi anni ’20.
Le cronache ci dicono che, nel settembre del 1924, è Antonio Sacchét a guidare una cordata, della giovane Sezione del Cai Feltre, sulla vetta principale del Sass de Mura lungo la cresta di sud-ovest. Forse si tratta della prima ascensione sul Sass de Mura organizzata dal Cai di Feltre. La salita sarà subito ripetuta da un’altra cordata di soci del Cai di Feltre, guidata da Vittorino Segato.
A seguito di queste prime ascensioni, che certificano le doti alpinistiche e la buona conoscenza delle crode del Cimónega, Sacchét, forse su suggerimento degli stessi dirigenti del Cai Feltre e magari intravedendo lui stesso una possibile fonte di reddito , nel giugno del 1924 chiede alla Sezione di appoggiare la propria candidatura “per l’esercizio del mestiere di guida alpina”.
Poco dopo la Sezione invierà una lettera al Consorzio Intersezionale Veneto Guide e Portatori: Facciamo noto a codesto Spett. Consorzio l’intenzione della nostra sezione di provvedere all’arruolamento di una guida alpina per la zona delle Vette Feltrine, del Vallazza e M. Pavione, Gruppi M. Nèva e Cimónega e gruppo M. Pizzocco. A tale uopo, il sig. Sacchet Antonio di Agapito, detto Sacheton, della classe 1896, domiciliato nel Comune di Cesio Maggiore, frazione Ronchi, socio ordinario della ns. sezione, ha presentato regolare domanda alla autorità di P.S., corredata di tutti i documenti richiesti, … il certificato per l’iscrizione all’esercizio del mestiere di Guida Alpina, la domanda del suddetto sig. Sacchet … appoggiata favorevolmente dal consiglio della ns. sezione, avendo esso dimostrato, nelle numerose escursioni sociali alle quali ha partecipato, di possedere tutte le qualità necessarie per l’idoneità all’esercizio di Guida. Pregasi pertanto voler provvedere per il regolare arruolamento del suddetto nel Corpo Guide Venete […].
Nella rivista mensile del Club Alpino Italiano del gennaio 1924 troviamo, nell’elenco Guide e Portatori riconosciuti dal Consorzio Intersezionale Veneto, il nome di Antonio Sacchét con l’indicazione “guida”. Nella stessa rivista del gennaio 1931, il nome di Sacchét invece non compare. È quindi probabile che per almeno un lustro abbia esercitato, in modo saltuario, il mestiere di guida alpina. In questo periodo, infatti, si collocano alcune sue ascensioni.
Nel 1925 con Vittorino Segato tenta la prima ripetizione dei camini Castiglioni . Giungono fino sotto lo strapiombo che chiude il camino ma non riescono a superarlo. Tornano indietro e salgono in vetta al Sass de Mura lungo la via degli inglesi, poi dalla cima principale scendono lungo la via “dei veci”.
Nel 1927, il 18 ottobre, apre una nuova via sulla parete nord del Piz de Sagrón. Lo accompagna un giovanissimo Attilio Messedaglia di appena diciotto anni. La via parte nei pressi della forcella Sagrón, ha uno sviluppo di 450 metri e supera difficoltà fino al IV grado. Salgono sulla destra del canalone nord, lungo il quale tre mesi prima Ettore Castiglioni e Giorgio Khan hanno aperto una via di analoga difficoltà. Forse la via di Sacchét e Messedaglia è da leggere come la risposta dell’alpinismo feltrino alle forti cordate del Castiglioni.
L’attività alpinistica di Antonio Sacchét si conclude verso la metà degli anni ‘30. Il 9 aprile 1935 è in transito nel porto di Beyrouth diretto in Persia, dove rimarrà fino all’aprile 1937. Successivamente si reca a lavorare in Albania nella miniera di Selenizza. Qualcuno racconta di un viaggio negli Stati Uniti e anche in Africa per un safari, ma di questi spostamenti non ci sono riscontri certi. Il resto della vita lo trascorre lavorando nei boschi della Val Canzói o a svolgere lavori occasionali. Non si sposa. Muore in modo misterioso e violento una notte del 1959, in una stalla nel centro di Cesio Maggiore dove si era fermato a dormire. Lo trovano al mattino con una ferita alla testa, si dice sia stato colpito nel sonno con uno sgabello, per derubarlo. Il portafoglio di Antonio Sacchét verrà ritrovato, vuoto, poco lontano dal luogo del decesso.