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Amici di penna Vs. Amici Virtuali

quel nostalgico tempo d'attesa....

Amici di penna Vs. Amici Virtuali

quel nostalgico tempo d'attesa....

La cosa che vi sto per dire probabilmente sconvolgerà “milennials” e lettori più giovani, ma vi giuro che è la pura verità: anche una volta esistevano gli amici virtuali! Ma come? Senza Internet? Senza social network? Ebbene sì. Si chiamavano “amici di penna” o, meno prosaicamente, corrispondenti. Esattamente come accade oggi, ci si scambiava l’amicizia in base a gusti e interessi comuni, poteva essere l’amore per lo stesso cantante, il tifo per la stessa squadra, la passione per lo stesso hobby. Invece che davanti ad uno schermo, ci si trovava su riviste e giornali i quali tenevano apposite rubriche ove chi era alla ricerca di un amico a distanza poteva inserire il proprio annuncio e poi attendere fiducioso che il postino cominciasse a riempire la buchetta con decine e decine di buste provenienti da ogni dove. Non indifferente era il vantaggio, per chi collezionava francobolli, di incrementare in breve tempo la raccolta.

Io stessa negli anni ho avuto numerosi amici di penna, con alcuni dei quali ho tuttora contatti, ma non più tramite carta da lettere (uno dei regali più in voga negli anni 80/90) e biro, bensì attraverso i moderni mezzi che la tecnologia ci ha messo a disposizione. Ma nonostante la più immediata fruibilità, o proprio per colpa di ciò, ci sentiamo raramente perché quello che prima ci raccontavamo in pagine e pagine fittamente scritte e che riguardava ciò che ci era successo in un arco di tempo piuttosto lungo, ora sta sullo schermo del pc o del telefonino praticamente in tempo reale.

Non c’è più il bello dell’attesa, la felicità nel trovare sopra il tavolo di casa, al rientro da scuola, quelle buste con l’indirizzo vergato a mano, colorate, piene di adesivi e di “rispondi presto!”. Il panico innescato dalla spasmodica ricerca di una foto decente da mandare in cambio di quella appena ricevuta, dove una ragazza mora sorrideva da una spiaggia o un giovanotto atletico sfoggiava la divisa della squadra di pallavolo.

Ne ho avuti tanti di corrispondenti, dall’Italia, dalla Svizzera, dalla Romania e parecchi dall’Ex Iugoslavia, scomparsi, questi ultimi, all’insorgere della guerra, quando ho visto le mie lettere angosciate tornare al mittente con strani timbri. C’era chi scompariva misteriosamente dopo due o tre missive, lasciando il dubbio se la causa era aver scritto qualcosa di sbagliato o invece la colpa non fosse da imputare alle Poste. Ma tra chi non è scomparso c’è Alessandro da Torino: tra qualche mese ricorrerà il trentesimo anniversario della nostra amicizia virtuale. Ci siamo incontrati di persona un paio di anni fa nella sua bellissima città e, se penso che nell’avere conoscenti in giro per il mondo era sottintesa la possibilità un giorno di poterli andare a trovare, mi viene da ridere al pensiero che non ho mai avuto il piacere di un “vis à vis” nemmeno con Silvia, che abitava a Conegliano e ora, invece, sta a Trieste.

Durante il recente periodo di forzata reclusione, ho ripreso in mano le scatole dove conservo, divise per mittente, tutte questi ricordi e, avendo tempo, le ho rilette tutte con grande emozione, chiedendomi cosa avesse riservato il destino ad ognuno di quei nomi. Di uno, in particolare, ho sentito l’impellente bisogno di andare alla ricerca: Serena da Pisa, con la quale l’intesa era particolarmente forte, e di cui non avere più notizie mi aveva reso, all’epoca, parecchio triste. Così ho messo mano alla tanto vituperata tecnologia e, anche se non così facilmente come credevo, sono riuscita a rintracciare nuovamente la mia amica virtuale. Abbiamo passato un paio d’ore su WhatsApp a scriverci (beh, parlarci non sarebbe stato da noi!) e a cercare di riassumere una ventina d’anni di vita. Abbiamo stabilito adesso che non dobbiamo più chiedere il permesso ai genitori, dobbiamo proprio incontrarci come ci eravamo promesse ai tempi in cui fantasticavamo di sposare Axl Rose.

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