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Amabile Deola

103 anni di coraggio

Amabile Deola

103 anni di coraggio
Amabile Deola - 103 anni di coraggio a Mel - Borgo Valbelluna

103 anni di vita vissuti da vera Donna. Amabile Deola, nata a Nave di Mel il 2 ottobre 1916, ci racconta la sua storia di figlia, donna, moglie, madre, nonna con una lucidità incredibile.

La sua storia è la testimonianza di una donna dai lineamenti graziosi racchiusi in una corporatura minuta che nascondono, a prima vista, un carattere molto forte e determinato che la contraddistingue da più di un secolo. «Sono figlia di contadini e già da piccola mi hanno mandato a lavorare a Mel a servire dal Bachero, poi a soli 14 anni a servire a Napoli dalla famiglia Russo in via Cesare Battisti 4: gente per bene. I me tratéa davero ben, Napoli l’è ‘na bel città, la pì bela che mi ho vist. Son stata a servir diversi ani, po’ me sorèla Vitoria la me ha dit de ‘ndar con ela ad Ancona da ‘n altra fameja. Mi a Napoli stée davero ben. Quando che ghe l’ho dit, la siora la piandéa. Ma mi ho fat quel che la me fameia la me diséa».

A SERVIZIO DI EBREI
Ubbidiente alla volontà familiare, Amabile si sposta in quel di Ancona presso la famiglia di Angelo Ascoli di origini ebraiche. Un facoltoso imprenditore di tessuti che negoziava ed esportava merci dal porto di Ancona. «Vivevamo in un palazzo in centro, giusto in faccia a quello del “fascio”, in via Giannelli 7 (memoria incredibile, ndr). Dopo le leggi razziali avevamo tanta paura. Eravamo in tre, mia sorella, io e una balia, Maria Sasso di Colderù, piccola come me, che ogni tanto di notte mi chiamava a gran voce: ’Mabile, vien a iutarme che sti bocie i piande e no i vol dormir! Me par de sentir ancora la so voce!».
Angelo era ebreo ma sua moglie Criseide cattolica la esortava ad andare a messa. Una famiglia felice, che dava lavoro a centinaia di persone anche durante il conflitto bellico, con due figli arruolati nell’esercito italiano volontari in Africa. Nonostante tutto questo, furono costretti a scappare in Svizzera per salvarsi.
DONNA CORAGGIO
«Lori i è scampadi e i ne ha portà a Riccione in una de le so ville. I tedeschi i è rivadi in casa e i ha comincià a rebaltar su le stanze. Po’ i ne ha serà entro come dele recluse. ‘Na olta an tedesco l’è gnest entro casa e con fusil puntà al l’ha comincià a dir su robe che mi no capisée. “Kaune Kaune”. Me son fata spiegar, olèa dir che averìe pagà parché “cognéee dirghe la verità”, ma mi ghe disée “Mi no so, no so”. Lori i insistìa e noi se ghe rispondéa che qua i era tuti cristiani, che non ghe n’era ebrei. Ma dove sono andati?! Noi non possiamo sapere!». Hanno rischiato, ma avevano coraggio! «Un tedesco prepotente l’ha insistì: “Perché lei è qui a servizio? Perché ho da guadagnarmi il pane! Lei sa cos’è la fame? Alora l’ha sbasà la testa! No avée paura a risponderghe».

VERSO CASA
I padroni ci hanno lasciato i soldi del treno per tornare a casa. Così, in pieno marasma del dopo 8 settembre, Amabile e Vittoria fanno rotta verso Nave, affrontando un viaggio pieno di insidie e di pericoli. «Ala staziòn de Ancona se se diséa: “Ben, la guera l’è finida. Ma al capo treno al ne ha rispondèst: “La guerra è appena cominciata!”.

A Sommacampagna bombardarono il treno; fummo costrette a scappare lungo i campi. Le schegge volavano dappertutto, una donna fu colpita in piena fronte. Ci furono dei morti. Riprendemmo il cammino a piedi lungo la ferrovia, con i binari che scottavano dal calore delle bombe.
Arrivammo a Padova e dormimmo sul pavimento della stazione. “Ma la matina dopo son ‘ndate a Sant’Antoni, par ringraziarlo che se era rivade fin là. Ma po’ par rivar a casa l’è stata ancora pì dificile perché ghe n’era tedeschi da partut. Par fortuna che no se avéa gnanca paura, tante ghe n’ avòn pasà!

Fu un distacco doloroso perché era una famiglia di persone oneste e amorevoli, che ci voleva davvero bene, sono rimasta da loro per ben 14 anni, tant’è che anni dopo, questi signori sono venuti qui a Nave a trovarci. Noi se era la so Fameja!».
Ma ripartì nuovamente per Cremona, perché la famiglia a casa era numerosa. Nove le bocche da sfamare. Prese servizio presso la famiglia Negroni, famosa per il salumificio. Lo stabilimento era importante, perché produceva per l’esercito. A quei tempi aveva più di 7.000 operai. Anche lì Amabile si fece voler bene, tant’è che divenne la dama di cortesia e di confidenza della signora Negroni, con grande invidia delle altre collaboratrici domestiche a servizio.

NAVE PAESE ALLEGRO
«Nel ’49 me son sposada con un me paesàn, anca lu an Deola dei Mori, ho avù do fioi”.
Se avèa ripreso a viver. Se ‘ndéa a balar a Santa Jiustina, se ciapéa la barca e se ‘ndéa de là de la Piave. Che sonéa la ‘rmonica l’era Berto Partùt, che al vegnéa anca qua a Nave a sonar, all’osteria de me mama. Se baléa, se cantéa parchè Nave l’era an paese allegro, se ‘ndéa tuti d’accordo».Nella sua vita lunga Amabile ne ha vissute tante di esperienze, molte di dolorose, come la perdita del primo figlio morto tragicamente a soli due anni, oppure la prematura morte del marito; eppure il suo spirito è ammirevole, gioviale, positivo, fiducioso.

Amabile, in prossimità dell’8 marzo, cosa ti senti di dire alle donne di oggi? «Che le abie sempre coraio e fiducia, come che ghe n’ho avest mi!».
Te lo dice con il sorriso in volto. Grazie Amabile!

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