Mi piacerebbe risvegliare ai sangregoriesi un ricordo. Era d’obbligo, prima di accedere all’albergo “Monte Pizzocco”, sedere sotto la pergola verde per assaporare la frescura ed il panorama. Poi, fatti quei sei gradini, entravi nella hall. A destra c’era il bar, in un angolo a sinistra, dentro una bacheca, una collezione di pietre con dei fossili marini trovate nei paraggi, sulla destra tre tavoli dove potevi giocare a carte, in fondo un “larin” (che raramente ho visto acceso). Se arrivavi di giorno andava ancora bene, è alla sera che dovevi quasi andare a tentoni perché il tutto veniva illuminato – ho sbagliato il termine: “schiarito” – da una flebile lampadina da cento candele. Volti, ormai senza ardore, servivano un’ombra, poi magari un’altra ancora, a quelle due coppie che giocavano a “scarabocion”.
Un luogo di villeggiatura
Da un pezzo aveva perso la funzione per la quale era stato costruito, colpa del benessere sopraggiunto. Negli anni 50 le famiglie che venivano in villeggiatura, per far prendere un po’ di sole ai figli, respirare aria pulita e vivere in mezzo ai boschi, prendevano in affitto un appartamento per uno o due mesi; i ricchi andavano in albergo. Poi sono cambiate le esigenze: venire a San Gregorio solo per l’aria, il sole, una passeggiata fino “al Cain” o un’escursione alle Ere non bastavano più, si preferiva Cortina, Auronzo o Santo Stefano di Cadore.
Attimi di incontro
Essendo il locale capiente, vi si svolgevano delle feste. Quelle sì che mi entusiasmavano. Fossero state programmate dagli Alpini o dal Comune per festeggiare gli “anziani”, in ogni caso erano un bellissimo momento conviviale e vi partecipava la popolazione in gran massa. In un paese dedito solamente al lavoro, questi erano gli unici brevi attimi dove ci si incontrava tutti. Dalla hall, girando a sinistra, c’era una sala enorme, che all’occorrenza poteva essere divisa in due ma che raramente succedeva.
In queste ricorrenze, si formavano i vari gruppi, dati dalle simpatie che ognuno aveva; su tutti spiccava il tavolo “presidenziale”, proprio di fronte all’ingresso, dove avrebbero preso posto il sindaco e il parroco di San Gregorio e Paderno, il farmacista e spesso i vari componenti della giunta. E si mangiava bene, Isidoro il cuoco dava in queste circostanze proprio tutto se stesso.
Per molti andare alla toilette era una sofferenza perché si trovava due rampe di scale più sotto: a scendere in qualche maniera si arrangiavano (andar in do tutto juta), era salire il problema! Prima del pranzo naturalmente c’erano i discorsi delle autorità, anche per ricordare quelli che durante l’anno erano “andati avanti” e di quanti contestavano (sì, sempre lui, Giovanin con quella sua voce stentorea, a cui non andava mai bene niente). Avevi appena finito l’antipasto che un nugolo di ragazzini con dei blocchetti colorati in mano ti invitavano a comperare un po’ di biglietti per la lotteria finale; e sul tavolo della hall c’era il ben di Dio: erano offerte volontarie oppure materiale acquistato da Espedito (spesso mi sono chiesto come avrebbe potuto tirare avanti un paese senza una persona così dedita come lui).
E si passava una domenica insolita, bella, ripensandoci a tratti commovente. Poi, finito il pranzo con tanto di dessert, via di caffè, ammazzacaffè e bicchierini di grappa offerti da chi voleva fare bella figura inventandosi intrugli speciali di tutte le sorti (assaggia questa coi mirtilli, e poi questa con la ruta…), e quei visi così bianchi all’inizio si coloravano con delle venuzze rosse. Come per incanto saltavano fuori le fisarmoniche: c’era Oreste con quelle dita ormai rattrappite ed anchilosate che riusciva a suonare le canzoni della sua infanzia, e poi Raul ed un suo amico, e si davano inizio ai balli, ai quali non si sottraeva neanche don Graziano.
La speranza per domani
E questi ricordi mi tornano volentieri in mente e mi fanno riflettere: ci mancava il Covid per disgregare ancora di più una comunità già di per sé isolata, dove le occasioni erano poche. Quest’anno poi non ci sono stati né il Ferragosto sangregoriesené la Festa al Ligont. Quando finirà tutto questo? Ma può essere che in autunno qualche cosa al Ligont la si prepari con l’aiuto dei volontari, ai quali deve andare un grandissimo grazie da parte di tutti.