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A sQuola s’impara

a lezione di nebbia

A sQuola s’impara

a lezione di nebbia
Isolamento tecnologico

Sentirsi soli. In un supermercato appena aperto, che tra gli scaffali non ci si scorge più e ci si saluta a malapena, che a pensarci bene nel negozio di frutta e verdura in centro paese c’era persino il tempo di invitarsi a bere un caffè al bar di fronte.

Sentirsi soli. Alla fermata dell’autobus, ognuno chino sul suo telefonino a rispondere agli ultimi messaggi, dare uno sguardo al proprio profilo o cercare l’ultimo gossip su questo e su quello, che un tempo aspettare l’autobus voleva dire osservare ciò che mi circonda e magari mettere in fila i propri pensieri come le auto che continuano a passare per lo stradone.

Sentirsi soli. Ad acquistare un disco o un libro o un vestito su Internet, in camera propria, che una volta anche solo per comprare il giornale uscivi di casa, prendevi un po’ d’aria e ti succedeva persino di salutare qualcuno o di perdere del tempo.

Sentirsi soli. Di fronte a quel politico che pensa di aver sempre ragione, che non sbaglia mai, che ti fa pesare ogni singola parola da lui non compresa, che una volta la politica era una forma di aggregazione, era scambio di idee e di vedute, era persino ascolto e critica, mai giudizio, un po’ alla Giorgio Gaber. Ma questi Giorgio Gaber non sanno neanche chi è.
Sentirsi soli. Dal medico, cercando di nascondere la propria sofferenza e nello stesso tempo lamentarsi a voce alta per la fila, che a stare male sembra che ne abbia diritto soltanto tu, e intanto qualcuno tossisce, e ti rendi conto che tu della sofferenza degli altri non ne puoi sapere proprio nulla.

Sentirsi soli. A scuola, in classe, mentre il prof spiega l’ennesima lezione che dura quel che dura e tu avresti voglia di essere altrove, ma mica per perdere tempo, ma per vivere qualcosa d’altro, qualcosa che neanche te sai cos’è, ma finché la mattina ti tocca stare in classe, come potrai mai scoprirlo?

Sentirsi soli. Di fronte a un porto, dove sai che non vogliono nemmeno vederti da lontano, ma te mica potevi immaginarlo che ci saresti arrivato, e alla fine la speranza ha vinto su tutto, anche sulla morte, ma a te non ti vogliono, e allora vallo a spiegare che mica potevano abortirti come si fa con certi bambini. Ma questi i bambini non sanno neanche che faccia hanno, a forza di starsene in cima a un piedistallo di cartone.

Sentirsi soli. In chiesa, durante una celebrazione domenicale, perché metà di quelli che son là dentro pregano come se Dio fosse un semplice soprammobile da mostrare a chi entra in sala da pranzo; sai, sono cristiano, son nato nella parte del mondo più giusta, mica come quelli che son più in là.

Sentirsi solo. Leggendo un giornale, che la carta stampata non ci rappresenta più, non dice più nulla, non informa, non stimola, non provoca, non dà spazio ad idee e opinioni, ma semplicemente dà credito a quei giornalisti che copiano e incollano commenti sui social e li spacciano per notizia. Sentirsi solo. Al bar, mentre bevi un caffè e due anziani accanto parlano di pensioni, reddito di cittadinanza, e tutto il resto, facendo di sì con il capo senza accorgersi che a star seduti non ci si riesce più, che anche questa volta è andata come le altre volte, e non ci hanno nemmeno dotato di un cuscino.

Sentirsi soli. Ma non siete stanchi di sentirvi soli? Soli nei preconcetti, nei luoghi comuni in cui ci hanno detto di credere, in questa finta e ipocrita moralità, con cui continuano a dirci di difenderci, di chiuderci in casa, di vaccinarci il più possibile contro tutti e contro tutto, di non parlare, di non vedere, di non fare? Io sono stanco di questa logica permanente, che come la nebbia ha ricoperto di grigio tutto, persino le relazioni tra le persone.

Sentirsi soli. In mezzo alla nebbia. No. “Io lo so che non sono solo anche quando sono solo” (Jovanotti). Perché la nebbia può anche nasconderci l’uno all’altro, ma non può cancellare la possibilità di incontrarci, ritrovarci, riappacificarci con il mondo e noi stessi. Basta ritornare a un contatto, fisico, stringere le mani e cercare certe spalle robuste su cui appoggiarsi, pance da abbracciare, capelli da spettinare, occhi da guardare. Solo ritornando a contattare l’altro realmente potremo andare oltre questa nebbia. Che rende tutto più silenzioso, perché in silenzio ci vogliono. Ma purtroppo per loro, noi esistiamo anche in mezzo alla nebbia.

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