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1836 il colera a sedico

1836 il colera a sedico

L’epidemia, accertata ufficialmente dalle autorità tra la fine di giugno e gli inizi di luglio del 1836 (ma sicuramente iniziata prima, nel Meridione della Francia a Nizza e a Tolone), si diffuse rapidamente in tutto il Piemonte (a quell’epoca nel Regno di Sardegna).

Il colera, chiamato un tempo cholera morbus, è una malattia epidemica, spesso mortale, originaria dell’India e prodotta da un batterio (scoperto nel 1884 dal medico ricercatore Robert Koch, il quale due anni prima aveva individuato pure il bacillo della tubercolosi), che si trasmette per via orale attraverso l’acqua o alimenti infetti. Causa febbre, diarrea e vomito. Nel 1836, certamente a causa di qualche persona contagiata ma anche delle precarie condizioni igieniche che ne favorirono la diffusione (non esistevano acquedotti e fontane pubbliche e la gente spesso si ammalava di tifo), un’epidemia di colera colpì gli abitanti della Pieve di Sedico, provocando in circa due mesi il decesso, stando agli Atti di morte della Parrocchia di Sedico, di una settantina di persone, perlopiù adulte tra i 20 e i 50 anni di età (invece gli atti della parrocchia di Libàno non registrano casi di contagio).

Il morbo comparve per la prima volta il 15 maggio (anche se al parroco la morte fu comunicata da parte dell’ospedale solo il 10 giugno): ne fu vittima una donna, contadina, nubile, di anni 34, morta e sepolta a Venezia. Il primo effettivamente morto e sepolto a Sedico fu un villico (contadino) di Bribano, ammogliato, di anni 49, deceduto il 20 luglio. Nello stesso mese analoga sorte toccò ad altri 7 adulti e ad un bambino di 12 anni. Nel mese di agosto l’epidemia dilagò: su 79 morti, ben 53 furono causati dal colera (di cui 48 adulti, 2 bambini e 3 ragazzi), con una media, dal 15 al 23 del mese, di ben 5 decessi giornalieri su una popolazione di circa 2.000 anime.

Finalmente in settembre l’epidemia cessò, dopo aver provocato in quel mese altri 4 decessi, dei quali l’ultima fu una giovane sposa di Bribano di soli 19 anni defunta il 16 settembre. Tanta era la paura del contagio che i morti di colera venivano sepolti, come si legge nel citato libro dei morti, senza accompagnamento di sacerdoti e senza solennità ecclesiastica, probabilmente per disposizione delle autorità sanitarie.
Nel Bellunese e nel Feltrino il contagio provocò molte vittime e la gente si rivolse alla Madonna della Salute, facendo dei voti che vengono tuttora osservati in molte parrocchie, specie dell’Alpago e del Feltrino (nel Cadore, i più colpiti furono Auronzo e Ospitale).

In un documento, conservato nell’archivio parrocchiale di Sedico, si trova scritto che “Ad perpetuam rei memoriam…” (a perpetuo ricordo di tale avvenimento) il 16 settembre di ogni anno (ora non più) nella chiesa di Sedico “…Si canta Messa e le litanie della B. Vergine in esposizione della Reliquia della medesima in onore della B. Vergine della Salute per divozione introdotta 1836 per essere cessato in detto giorno interamente in questa Parrocchia il Morbo Cholera che l’aveva desolata per due interi mesi… Si è pure introdotto in tale occasione la pratica divota di cantare ogni sabato, ed ogni vigilia di festa di precetto della B. Vergine, la Santa Messa all’altare della Salute (dove oggi c’è la «Madonna col Bambino e Angeli» dei Vecellio) e dopo di essa le litanie della stessa SS. Vergine…”.

Nel 1855, poi, il colera colpirà nuovamente la provincia di Belluno, ma Sedico ne resterà indenne. In entrambe le epidemie dominò incontrastata la paura: nel 1836 perché la malattia era ignota e oscura creando angosce in molti, ma anche incredulità in altri; nel 1855 perché, pur essendo diagnosticabile, non era ancora curabile. Le angosce erano poi alimentate dalle prediche che riproponevano la malattia come punizione divina.

Pure nel 1836 (come oggi) le autorità, seguendo i suggerimenti dei medici, proibirono gli assembramenti, individuati come causa di propagazione del contagio. Su iniziativa di Bortolo Da Rold, colono mezzadro del conte Miari che concorse alle spese con l’altra famiglia di coloni, fu eretta nel 1855 a Prapavei una chiesa dedicata a San Rocco a ringraziamento per esser stato quell’anno il paese risparmiato dal colera.

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