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1811 – dramma a lieto fine

salvati a Belluno con il barcone di San Felice

1811 – dramma a lieto fine

salvati a Belluno con il barcone di San Felice
Borgo Piave (Belluno) - Resti di un ponte distrutto da un'alluvione - tratto da ...

Il 28 ottobre 1811 accade a Belluno un avvenimento drammatico che ebbe vasta risonanza nelle cronache dell’epoca e che qui, in stralci, riportiamo. “Insorse verso la mattina una burrasca straordinaria; il vento gagliardo e la pioggia dirottissima durarono tutto il giorno; quindi i torrenti e i fiumi e massimamente il fiume Piave si gonfiarono a tal segno che a memoria d’uomini le acque non giunsero mai a tanta altezza. Il ponte che serve di comunicazione tra la città e le ville (paesi) aggregate, situate sulla sinistra del fiume, era già da qualche tempo in cattivo stato di maniera che la Direzione generale d’acque e strade aveva già ordinato di costruirne uno nuovo. Il detto ponte non poté quindi resistere all’urto di tanta mole d’acqua e ieri mattina verso le ore 7 ½ si rovesciò il pilone maggiore che lo sosteneva e con esso crollò in un istante tutta la campata che poggiava alla testa sinistra del ponte medesimo.
Sventuratamente però trovavasi in questo fatal momento sopra la detta campata molte persone – che alcuni fanno ascendere a quaranta circa, altri a soli trenta – guidate dalla curiosità di vedere lo spettacolo imponente di questo fiume nella sua massima piena. Tutte precipitarono nella voragine che si aperse sotto i loro piedi, ma non tutte perirono.

Le rovine di questa campata furono trasportate a 500 metri circa lungi dal ponte sparse qua e là; e perché le acque incominciavano già ad abbassarsi, esse restarono immobili sopra alcuni banchi di sabbia nel mezzo del letto, ma circondate d’ambo le parti da due correnti rapidissime, nelle quali tutte le acque erano divise. Sopra il tronco maggiore della campata si rifuggirono venti di quegli infelici e sopra altre tavole si erano ricoverati due fanciulli fratelli, l’uno di 9 e l’altro di 7 anni circa, mentre altri, parte a nuoto e parte afferrandosi alle tavole disperse, poterono uscire dall’acqua pochi momenti dopo che vi furono immersi.
Il prefetto, appena ch’ebbe la notizia di quest’infausto avvenimento, corse precipitosamente al ponte e vi trovò la gendarmeria occupata a prevenire la confusione. Poco dopo vi accorse la municipalità. Trattavasi di soccorrere il più presto possibile quelli che stavano sopra le dette tavole, perché erano minacciati ad ogni istante di essere nuovamente ingoiati dall’acqua. Barche però non se ne avevano; le zattere non potevano correre senza esporre a sicuro pericolo la vita dei loro conduttori. Il prefetto spedì immediatamente il delegato di polizia al posto più vicino della Piave detto di S. Felice, ov’è stabilita una barca, che serve da ponte volante, per farla trasportare a Belluno. Ma non potendo essere condotta contro la corrente del fiume, il trasporto dovette farsi per terra. Invece d’una piccola barca si dovette trasportare la maggiore perché le altre erano state disperse. Si dovette farla salire un argine molto alto, farla passare attraverso molte campagne e per tutto ciò molte ore si consumarono per condurla sino a Belluno, ove non giunse che verso le ore 6 pomeridiane, tirata da 50 paia di manzi e scortata da quasi 200 persone. “

Nel frattempo giù a Borgo Piave, dopo un primo tentativo fallito con perdita della zattera, due zattieri cercarono di condurre una nuova zattera, costruita simile a una barca, verso le persone rimaste sopra il troncone del ponte; anche se l’impresa non ebbe successo, i due riuscirono comunque a dirigere il natante e a fermarlo sopra un banco di sabbia non molto distante dai due fanciulli che furono così salvati e riportati a riva. A questo punto si fece invano un terzo tentativo, finché giunse la tanto sospirata barca da San Felice. Avvincente è il finale!
“Speravasi poterla in breve tempo far discendere dalla ripidissima riva per la quale dalla città si arriva al ponte (travolto), ma fu impossibile di farla passare in nessun verso per le porte della città. Fu quindi forza farla discendere per le mura della città con una caduta di circa 400 metri, gettandola nelle acque del torrente Ardo che mette foce nella Piave. La notte era oscurissima, la pioggia continuava e non v’era però altro espediente da prendere. La città fu illuminata e tutti i cittadini si prestarono a dar aiuto. Si fecero accender dei fuochi dall’una all’altra riva del fiume . A un’ora circa dopo la mezzanotte partì la barca; essa arrivò felicemente alle rovine del ponte e raccolse finalmente le venti persone che da tanto tempo sospiravano questo soccorso; ed alle due dopo la mezzanotte furono tutte deposte sane e salve sulla riva in mezzo alle acclamazioni di tutto il popolo.”

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